Wall Street anni ’90: 3 scarpe business con tacco cubano per spezzare il dress code

L’anno scorso vi ho presentato una prima collaborazione con Fratelli Mocchia di Coggiola, questa casa di sartoria italo-parigina che mi aveva tanto sedotto per la sua capacità di maneggiare i codici dell’eleganza maschile con tanto rigore quanto umorismo. Forse ricorderete quei mocassini con nappine e quegli stivaletti balmorali, entrambi dotati di un tacco cubano leggermente rialzato che ci aveva permesso di giocare sulle proporzioni senza cadere nella caricatura.

Questa nuova collezione, battezzata The Businessman, prosegue questa firma inserendola in un universo molto particolare: quello della finanza americana degli anni ’90, con quel tanto di ironia necessario per non prendersi troppo sul serio. Abbiamo così lavorato su tre modelli essenziali del guardaroba business: delle francesine nere a punta dritta, dei penny loafer neri e, i miei preferiti, dei mocassini con morsetto in pelle martellata bordeaux.

I. WALL STREET, SMOG E TACCO CUBANO

Fratelli Mocchia di Coggiola ha costruito attorno a questa collezione un universo narrativo piuttosto godibile: quello di Wall Street con il suo scenario di acciaio, vetro e smog. Vi si incontrano Luke Stark, uomo d’affari instancabile e self-made man, il suo ambizioso segretario Raph che sogna di detronizzarlo, e il misterioso Mr. World, questa figura inafferrabile della finanza internazionale.

Di conseguenza, questa messa in scena un po’ anticonformista riflette perfettamente lo spirito di queste calzature: sono perfettamente serie nella loro costruzione e nelle loro finiture, ma possiedono quel supplemento d’anima che le distingue dai modelli business convenzionali. È proprio questo equilibrio che mi interessa: essere sufficientemente nei codici per non stonare mai in un contesto professionale, conservando al contempo quella piccola audacia discreta che segnala che si conosce la materia.

II. IL PENNY LOAFER NERO: DAI FIORDI NORVEGESI A WALL STREET

Il primo modello è un penny loafer in box calf nero estremamente classico, tipico dell’ambiente d’affari americano. Potrebbe quasi passare per austero se non vi avessimo integrato questo tacco cubano di 3,8 cm che diventa qui un’originalità sufficientemente discreta da rimanere professionale, e sufficientemente marcata da attirare lo sguardo degli intenditori.

La storia di questa calzatura merita di essere approfondita, perché illustra perfettamente come un modello artigianale norvegese diventi l’uniforme di Wall Street passando per i campus della Ivy League. È tutta la storia dell’eleganza americana che si gioca in questa calzatura.

Quando i calzolai norvegesi incontrano i mocassini irochesi

Tutto inizia ben prima degli anni ’30, nel villaggio norvegese di Aurland. Il calzolaio Nils Tveranger vi sviluppa fin dal 1908 un mocassino senza lacci che fonde intelligentemente le calzature tradizionali indossate dai pescatori scandinavi con la punta a mocassino cucita che aveva osservato presso gli Irochesi durante il suo apprendistato in Nord America. Questo incontro inaspettato tra know-how nordico e tecnica amerindia dà vita a un modello veramente rivoluzionario.

La trasformazione in icona americana avviene nel 1936, quando G.H. Bass si appropria del concetto e crea il suo “Weejun” – contrazione ludica di “Norwegian”. L’innovazione di Bass consiste nell’aggiunta di una fascetta in pelle con quel caratteristico taglio a diamante sulla mascherina, quella che diventerà la famosa “fessura per il penny”, oltre a una cucitura “beefroll” sui lati per garantire il sostegno strutturale.

Yale, la negligenza studiata e una monetina

Il soprannome “penny loafer” emerge negli anni ’50, quando gli studenti della Ivy League iniziano a infilare una monetina nella fessura a diamante. Già dal 1940, Yale afferma che la scarpa “ha conquistato l’università d’assalto”. Così, la cultura dei campus dell’epoca privilegia quella famosa “negligenza studiata” e quella “noncuranza curata” che definiscono lo stile preppy: il penny loafer risponde perfettamente a questa aspirazione, sufficientemente casual per lo spirito universitario pur conservando un’eleganza appropriata.

Negli anni ’80, il modello diventa quasi un’uniforme a Wall Street. I penny loafer neri sono allora considerati perfettamente appropriati per gli affari negli Stati Uniti, ampiamente accettati in contesti business casual e persino con abiti in molte industrie. L’aumento della sicurezza negli aeroporti e negli edifici gioca anche un ruolo: il design slip-on significa nessun ritardo per passare i controlli, e per i broker il tempo è denaro.

La nostra versione: box calf italiano e tacco cubano

La versione che proponiamo rimane fedele a questa eredità americana, beneficiando al contempo del savoir-faire spagnolo che caratterizza la produzione di Fratelli Mocchia di Coggiola. La pelle nera liscia offre una finitura curata e professionale, mentre la fascetta conserva il suo caratteristico taglio a diamante. L’interno in pelle morbida garantisce un comfort ottimale, anche durante lunghe giornate in ufficio.

Il tacco cubano conferisce al modello la sua personalità distintiva. Questa elevazione moderata migliora la postura e slancia la silhouette senza mai sfociare nell’ostentazione. La pelle proviene dalla conceria italiana Conceria Nuova Antilope, in attività dal 1958, che produce un box calf riconoscibile per la sua concia al cromo e il suo caratteristico bordo grigio-bluastro.

Il penny loafer si colloca in una zona interessante dello spettro formale: meno formale di una francesina stringata, ma più elegante di un mocassino classico, in particolare nella sua versione nera. Questa versatilità lo rende un modello particolarmente prezioso in un guardaroba maschile contemporaneo in cui i codici si sono ammorbiditi senza tuttavia scomparire.

A Wall Street, il penny loafer nero sarebbe indossato dal CEO o dal VP sicuro di sé, colui che si è fatto le ossa e che negozia dietro le quinte gli accordi più strategici.

Dal ribelle al presidente: James Dean, Elvis e JFK

James Dean incarna perfettamente il penny loafer in “Gioventù bruciata” e “La valle dell’Eden” nel 1955, creando quell’immagine di sofisticazione giovanile mista a ribellione che diventerà emblematica. Elvis Presley ne fa un elemento essenziale delle sue esibizioni, mentre Michael Jackson li immortala definitivamente con i suoi famosi calzini bianchi per eseguire il moonwalk in “Billie Jean”.

Al di là della scena musicale, John F. Kennedy dimostra che il penny loafer può essere veramente elegante indossandolo sia con abiti formali che in tenute casual. Miles Davis li indossa durante le sessioni di registrazione, confermando la loro assoluta versatilità.

Come indossare il penny loafer con un abito grigio

Il penny loafer nero costituisce una scelta particolarmente azzeccata con questo abito tre pezzi grigio chiaro visibile in queste foto. Questa associazione bilancia brillantemente l’ambizione professionale e una rilassatezza misurata: il mocassino alleggerisce il rigore dell’abito completo conservando al contempo un’eleganza decisa.

L’apertura generosa del pantalone (circa 20-21 cm visibile qui) si rivela determinante per riuscire in questa combinazione. Questa rottura pronunciata sulla mascherina evita che il mocassino appaia troppo esposto e mantiene l’equilibrio formale della tenuta. Con un pantalone più aderente, il penny loafer rischierebbe di squilibrare la silhouette apparendo troppo massiccio.

Con un grigio così chiaro, la pelle nera si impone come un’evidenza e mantiene l’ancoraggio formale necessario. Un penny loafer marrone, anche scuro, introdurrebbe una nota troppo casual che indebolirebbe l’autorità dell’insieme. Il nero beneficia della rilassatezza strutturale del mocassino senza lacci, preservando al contempo la sofisticazione richiesta per un contesto professionale.

La camicia bianca in popeline o oxford leggero costituisce la scelta più sicura. La cravatta a righe bordeaux visibile qui funziona perfettamente: apporta un colore misurato senza eccentricità. Il gilet a tre pezzi compensa intelligentemente la rilassatezza introdotta dal mocassino e rafforza il carattere compiuto della tenuta.

Il penny loafer è disponibile qui a 290€ invece di 390€

III. Il mocassino con morsetto in pelle martellata bordeaux: quando Firenze sbarca a Wall Street

Il secondo modello è un mocassino con morsetto in pelle martellata bordeaux, un pezzo emblematico che incarna l’incontro tra l’artigianato fiorentino e l’eleganza internazionale. È il paio più vistoso di questa collezione, ma anche il mio preferito: assume pienamente il suo status pur rimanendo perfettamente indossabile in un contesto professionale se portato con discernimento.

1953: Aldo Gucci inventa il loafer italiano

La storia di questa calzatura inizia precisamente nel 1953, anno in cui Aldo Gucci apre la prima boutique della maison fuori dall’Italia, nella hall del Savoy-Plaza Hotel a Manhattan. Durante una visita precedente a New York, Aldo aveva notato la forte preferenza degli uomini americani per i loafer slip-on casual, in particolare i Bass Weejun popolari tra gli studenti preppy.

Di conseguenza, Aldo mirava a creare una versione italiana più elegante e sofisticata che piacesse alla clientela americana mantenendo al contempo la raffinatezza europea. Il dettaglio del morsetto – questo ornamento metallico miniaturizzato costituito da un doppio anello collegato da una barra, ispirato al morso da filetto utilizzato nelle bardature dei cavalli – fu aggiunto in omaggio alla fascinazione di suo padre Guccio per l’equitazione.

Questo riferimento equestre è profondamente radicato nel DNA di Gucci. Guccio Gucci aveva lavorato come facchino al Savoy Hotel di Londra dopo la Prima Guerra Mondiale, dove osservò gli aristocratici britannici facoltosi e il loro stile di vita incentrato sul polo e l’equitazione. Quando fondò la sua azienda a Firenze nel 1921, si specializzò naturalmente in articoli in pelle di alta qualità e accessori equestri. Il motivo del morsetto era già apparso sulle borse Gucci all’inizio degli anni ’50 prima di essere incorporato nelle calzature.

La scelta strategica della pelle nera piuttosto che marrone fu determinante: il nero non era tipico per i loafer dell’epoca ma li rendeva immediatamente più formali. Il dettaglio metallico del morsetto aggiungeva a sua volta una sofisticazione elegante che elevava il loafer americano casual a qualcosa di associato alla raffinatezza e allo status europei.

Dalla jet-set al MoMA: consacrazione di un’icona

Il successo è immediato presso l’aristocrazia italiana e la jet-set internazionale. Sophia Loren, Gianni Agnelli (l’industriale italiano e icona di stile più importante del paese), Cary Grant, Fred Astaire o Jacqueline Kennedy Onassis adottano rapidamente il modello. Negli anni ’70, gli uomini d’affari di Wall Street li adottano in massa, guadagnandosi il soprannome evocativo di “deal sleds”.

Le cifre parlano da sole: già nel 1969, Gucci vendeva 84.000 paia all’anno solo negli Stati Uniti. Il riconoscimento supremo arriva nel 1985, quando il Museum of Modern Art di New York integra il mocassino con morsetto nella sua collezione permanente – l’unica calzatura a beneficiare di tale onore, a testimonianza del suo status di oggetto di design iconico al di là della sua funzione vestimentaria.

Dalla dolce vita a DiCaprio: percorso cinematografico

Il mocassino con morsetto ha avuto una carriera cinematografica impressionante. Audrey Hepburn balla con eleganza in un paio durante una scena iconica di “Cenerentola a Parigi” (1957). Sophia Loren li indossa ne “La moglie del prete” (1970), incarnando l’eleganza italiana.

Sul versante maschile, Dustin Hoffman li indossa in “Kramer contro Kramer” (1979), Matt Damon ne “Il talento di Mr. Ripley” (1999) – film regolarmente citato per la sua influenza sul guardaroba estivo maschile –, Brad Pitt in “Fight Club” (1999), e Leonardo DiCaprio in “The Wolf of Wall Street” (2013), dove si vede persino Jonah Hill tenere in mano un paio di loafer Gucci.

Più di recente, il mocassino Gucci appare in “Quantum of Solace” (2008), indossato dal cattivo Dominic Greene, e in “Frost/Nixon” (2008) con Michael Sheen, dove la calzatura simboleggia un momento cruciale nella vita di un ex presidente.

La nostra scelta: bordeaux martellato e morsetti dorati

La nostra scelta della pelle martellata bordeaux costituisce una presa di posizione decisa. Laddove la versione nera classica incarna la formalità e la sobrietà, il bordeaux apporta un tocco di personalità benvenuto in un guardaroba business spesso troppo monocromatico. La pelle martellata proviene anch’essa dalla Conceria Nuova Antilope: la sua texture è ottenuta tramite un processo meccanico in cui la pelle viene pressata sotto diversi stampi per creare delle grane pronunciate.

Il morsetto in metallo dorato conserva la sua forma originale: questo doppio anello collegato da una barra rimane immediatamente riconoscibile. È un ornamento che funziona perché racconta una storia, quella dell’eredità equestre fiorentina, pur rimanendo sufficientemente discreto da non scadere nell’ostentazione.

L’interno in pelle morbida garantisce un comfort ottimale anche durante le giornate più impegnative. Il montaggio con cucitura Goodyear assicura una solidità a tutta prova e la possibilità di risuolare la calzatura, prolungandone notevolmente la durata.

Come evitare la trappola della volgarità

Nata nei laboratori Gucci a metà del XX secolo, questa calzatura mostra senza mezzi termini il suo status attraverso quella famosa fibbia metallica dorata che orna la mascherina. Tuttavia, quando è indossata con discernimento come in queste immagini, riesce a evitare la trappola della volgarità per incarnare un’eleganza decisa.

È proprio la sobrietà dell’abito gessato grigio antracite che permette al mocassino bordeaux di esprimersi senza scadere nell’eccesso. Le righe sottili e ravvicinate, perfettamente verticali, ancorano l’outfit in un registro professionale rigoroso. Il cappotto color cammello attenua ulteriormente l’audacia della calzatura: questo colore neutro e intramontabile agisce come un regolatore, un contrappeso che impedisce all’outfit di sfociare nella dimostrazione gratuita.

Il bordeaux del mocassino dialoga intelligentemente con i toni caldi del cappotto, creando al contempo un contrasto sufficiente con il grigio freddo dell’abito. Questa armonia cromatica testimonia una riflessione compiuta: non ci si è limitati a indossare delle scarpe appariscenti, si è costruita una palette coerente.

I calzini a righe blu e bianche, visibili di sfuggita, confermano questo approccio consapevole al guardaroba. Invece di cercare di attenuare l’impatto del mocassino con morsetto tramite accessori discreti, si continua ad affermare la propria personalità con piccoli tocchi misurati. La borsa in pelle cognac prosegue questa logica: ogni elemento dell’outfit possiede un proprio carattere, pur partecipando a un insieme notevolmente equilibrato.

Questo outfit è adatto all’imprenditore affermato, al dirigente di un’azienda creativa o al consulente senior che non ha più bisogno di dimostrare la propria legittimità e può permettersi di mostrare una personalità spiccata. Il mocassino con morsetto segnala una certa sicurezza finanziaria e una conoscenza approfondita dei codici di abbigliamento: si sa esattamente fin dove ci si può spingere senza oltrepassare il limite.

Il mocassino con morsetto bordeaux richiede un po’ più di sicurezza, ma offre possibilità interessanti. Il colore bordeaux si sposa particolarmente bene con le sfumature di grigio e di blu navy. Lo vedrei volentieri con un abito in flanella grigia o un blazer blu navy accompagnato da un pantalone in lana beige. Nell’universo che abbiamo immaginato, questo modello si adatterebbe perfettamente al finanziere eccentrico e bon vivant, colui che ama celebrare il suo successo con un tocco di stravaganza misurata.

Il nostro mocassino con morsetto è disponibile qui a 290€ invece di 390€ fino al 2 dicembre

IV. La francesina a punta dritta: dal campus di Oxford alla City di Londra

La nostra francesina è quella dell’analista che non conta le ore e che vuole scalare le gerarchie a tutta velocità: è sicuro di non commettere errori di stile, ma vuole comunque conservare un’originalità discreta con il tacco cubano.

Il terzo modello è una francesina a punta dritta in pelle nera liscia, chiamata anche Oxford cap toe. Si tratta della scarpa formale per eccellenza, culmine di un’evoluzione affascinante che trasforma una calzatura inizialmente percepita come casual nel simbolo ultimo dell’eleganza maschile.

Quando gli studenti di Oxford inventano la ribellione con i piedi

La storia inizia intorno al 1800 con lo stivaletto Oxonian, che guadagna popolarità tra gli studenti dell’Università di Oxford. Nel 1825, questi studenti accorciano gli stivali al ginocchio per creare l'”Oxoniana”, uno stivaletto di media altezza con bottoni, un tacco più alto rispetto alle francesine moderne e una chiusura laterale. La prima menzione scritta della “scarpa Oxford” risale al 1846.

Il contesto di questa evoluzione è determinante: la transizione avviene mentre i pantaloni più lunghi con tagli più ampi sostituiscono i calzoni aderenti dell’epoca Regency. Gli uomini non possono più infilare i pantaloni in stivali alti, il che richiede calzature più corte. Gli studenti di Oxford, alla ricerca del comfort piuttosto che della formalità, sono i pionieri di questo cambiamento.

Ironia della storia: la scarpa Oxonian era inizialmente considerata casual, una scelta ribelle rispetto agli stivali formali indossati dai gentiluomini. Alcuni uomini pensavano persino che i lacci fossero “troppo femminili”. Così, quella che diventerà la scarpa più formale del guardaroba maschile inizia la sua carriera come simbolo di ribellione studentesca.

L’aggiunta della punta dritta: funzione e raffinatezza

La variante a punta dritta emerge alla fine del XIX secolo con un duplice obiettivo: il pezzo di pelle aggiuntivo sulla punta serve sia come rinforzo (proteggendo la zona delle dita dall’usura) sia come raffinatezza estetica. Questa linea orizzontale che attraversa la mascherina crea una rottura visiva che affina la silhouette della calzatura.

La punta dritta può essere cucita liscia (più formale) o presentare delle perforazioni lungo la cucitura, creando un quarter-brogue leggermente meno formale. È questa versione liscia che abbiamo scelto, privilegiando la sobrietà e l’eleganza formale.

La consacrazione vittoriana e il regno sulla City

Nell’era vittoriana (1837-1901), le francesine iniziano a guadagnare terreno al di là dell’ambito universitario. Il loro aspetto raffinato le rende adatte alle occasioni formali, allineandosi perfettamente con l’enfasi dell’epoca sulla convenienza e il decoro. I progressi della Rivoluzione Industriale rendono le calzature di qualità più accessibili alla nascente classe media.

Nel XX secolo, la francesina a punta dritta nera diventa lo standard assoluto per i servizi bancari, legali e finanziari della City di Londra. La regola “niente marrone in città” rende la francesina nera uno standard imprescindibile. Prima del 2016, il rapporto della Commissione britannica sulla mobilità sociale dichiarava: “Per gli uomini, indossare scarpe marroni con un abito da lavoro è generalmente considerato inaccettabile da e per i banchieri britannici.”

L’uniforme tipica pre-COVID nella City: abito blu navy, camicia bianca o blu con gemelli d’argento e francesine nere a punta dritta di prestigiosi produttori come Crockett & Jones o Gaziano Girling. Le monk strap erano esplicitamente disapprovate. Sebbene i codici di abbigliamento si siano allentati dopo la COVID, la francesina nera a punta dritta rimane la scelta più sicura e continua a regnare nelle importanti riunioni con i clienti.

La nostra versione: rigore classico e tacco cubano

La versione che proponiamo rispetta scrupolosamente i codici di questo modello storico. La pelle nera liscia offre una finitura impeccabile e professionale.

La punta dritta è cucita liscia, senza alcuna perforazione: abbiamo optato per la versione più formale possibile. La linea orizzontale che attraversa la mascherina è perfettamente dritta e regolare, a testimonianza della cura posta nella fabbricazione. Questa apparente semplicità nasconde in realtà una grande tecnicità: ottenere linee così nette e regolari richiede un notevole know-how.

Il montaggio con cucitura Goodyear assicura una solidità eccezionale. Questo metodo di costruzione, più costoso e tecnico del classico Blake, permette di risuolare la calzatura più volte nel corso della sua vita, garantendo un investimento duraturo. La suola in cuoio si patina con il tempo e si adatta progressivamente alla forma del piede, migliorando il comfort ad ogni utilizzo.

L’interno è interamente foderato in pelle morbida, senza alcun materiale sintetico. Questa attenzione alle finiture invisibili distingue le calzature di qualità dai modelli industriali in cui si risparmia su ciò che l’occhio non vede.

Da Cary Grant a James Bond: l’eleganza britannica al cinema

La francesina nera a punta dritta è la scarpa dei gentiluomini del cinema. Cary Grant fissa lo standard in “Intrigo internazionale” (1959), indossando delle francesine cap-toe color oxblood con un abito in tweed Glen plaid grigio – la ricetta perfetta che ispirerà James Bond e Don Draper.

Pierce Brosnan e poi Daniel Craig in “Skyfall” e “No Time to Die” indossano delle Crockett & Jones Highbury, delle Oxford nere particolarmente raffinate. Colin Firth in “Kingsman: The Secret Service” (2015) fa della francesina nera a punta dritta un elemento essenziale dell’uniforme degli agenti segreti. Patrick Bateman (Christian Bale) in “American Psycho” (2000) incarna il potere e la sofisticazione impeccabile di Wall Street.

Massimo rigore e audacia discreta

La francesina a punta dritta nera costituisce il vertice della gerarchia formale nel guardaroba maschile. Associata qui a un abito gessato blu navy, incarna l’archetipo dell’uomo d’affari rigoroso: colui che padroneggia i codici, rispetta le convenzioni e non lascia nulla al caso.

Le righe gessate, particolarmente sottili e ravvicinate come si osservano in queste foto, evocano immediatamente l’universo della finanza e della consulenza. La costruzione a doppiopetto rafforza ulteriormente il carattere formale dell’insieme: la sovrapposizione dei pannelli, i revers generosi e l’abbottonatura alta conferiscono una statura imponente che richiama naturalmente la francesina più rigorosa.

Il cappotto a spina di pesce grigio indossato sopra prosegue questo approccio strutturato: si rimane in un registro business britannico deciso, quasi vintage, che ricorda i dirigenti d’azienda degli anni ’50.

A differenza della punta a fiore che consente una certa flessibilità o della francesina con intagli multipli che introduce un po’ di leggerezza, la punta dritta afferma una sobrietà totale. La sua linea pulita e rettilinea segnala senza ambiguità un posizionamento professionale serio. È la scarpa delle transazioni importanti, dei consigli di amministrazione e delle presentazioni strategiche.

È proprio qui che risiede l’interesse di questo paio: il tacco cubano, leggermente rialzato e incurvato, apporta una nota singolare senza compromettere la formalità dell’insieme. Questa fantasia tecnica rimane invisibile a un primo sguardo ma modifica sottilmente la postura e l’andatura: si guadagnano alcuni centimetri, la silhouette si slancia maggiormente.

I calzini a righe verdi visibili sul primo piano confermano questo approccio: si rispettano scrupolosamente i codici formali pur concedendosi dei dettagli personali misurati. È l’eleganza del professionista affermato che non ha più bisogno di dimostrare la propria legittimità e può permettersi questi tocchi di carattere.

La nostra francesina nera a punta dritta è disponibile qui a 290€ invece di 390€

V. Il tacco cubano: dalla cavalleria persiana ai Beatles

Ciò che unisce questi tre modelli è una scelta tecnica particolarmente riuscita: tutti sono montati con cucitura Goodyear, garantendo solidità, longevità e possibilità di risuolatura. Una scelta coerente per calzature destinate a un uso professionale intensivo.

L’elemento più distintivo rimane tuttavia il tacco cubano di 3,8 cm, leggermente inclinato verso l’interno. Questo tipo di tacco affonda le sue radici nella cavalleria persiana del IX secolo, dove assicurava la stabilità nelle staffe. Dopo essere quasi scomparso dal guardaroba maschile all’inizio del XX secolo, fu reintrodotto in modo spettacolare nell’ottobre del 1961 dai Beatles, che ordinarono i loro famosi “Beatle Boots” da Anello & Davide a Londra.

Gli anni 1960-1970 segnano l’apogeo del tacco cubano. La “Peacock Revolution” legittima il tacco maschile come riconquista di uno stile del passato, facendo riferimento ai tacchi di Luigi XIV e alla tradizione del flamenco spagnolo. Figure come David Bowie, Elton John o Prince indossano tacchi sempre più alti. Persino gli uomini d’affari adottano tacchi leggermente più alti negli anni ’70.

Dopo un declino negli anni 1980-1990, il tacco cubano conosce un ritorno contemporaneo a partire dagli anni 2000, in particolare grazie a Hedi Slimane da Dior Homme e poi da Saint Laurent. Così, questo dettaglio apporta sia comfort che una silhouette leggermente più slanciata, senza sfociare nell’eccesso. È proprio questo che conferisce a questi modelli il loro carattere leggermente anticonformista: sufficientemente discreto da rimanere professionale, sufficientemente marcato da distinguersi.

La produzione è affidata a laboratori portoghesi rinomati per la loro esperienza nella fabbricazione di calzature senza tempo.

VI. SCEGLIERE LA PROPRIA TAGLIA

Per essere il più chiaro possibile: veste grande. Personalmente prendo una taglia in meno del solito: dove porto un 41.5 da Crockett & Jones o 7è Largeur, qui ho preso un 40.5.

Prendetevi comunque il tempo di fare le seguenti misurazioni, ci vogliono 5 minuti ed eviterete il 90% degli errori.

Lunghezza:

  • Iniziate posando un foglio di carta sul pavimento. Mettetevi sopra indossando i calzini che intendete usare con le vostre future scarpe.
  • Con l’aiuto di una matita, disegnate il contorno del vostro piede tenendo la matita ben perpendicolare.
  • Una volta realizzato il contorno, tracciate due segni orizzontali: uno a livello del tallone, l’altro all’estremità delle dita. La distanza tra questi due punti vi darà la lunghezza esatta del vostro piede.

Larghezza:

Per ottenere una misurazione precisa, individuate prima la parte più larga del vostro piede: si trova generalmente a livello delle articolazioni metatarso-falangee. Avvolgete poi il vostro metro a nastro intorno al piede a questo livello preciso, facendo attenzione che sia ben orizzontale e né troppo stretto né troppo largo.

Taglia38.038.539.039.540.040.541.041.542.0
Lunghezza (mm)238.4241.7245.0248.4251.7255.0258.3261.7265.0
Larghezza D (standard)232.0234.3236.5238.8241.0243.3245.5247.8250.0
Larghezza E (larga)241.0243.3245.5247.8250.0252.3254.5256.8259.0
Larghezza EE (molto larga)245.5247.8250.0252.3254.5256.8259.0261.3263.5
Taglia42.543.043.544.044.545.045.546.046.5
Lunghezza (mm)268.3271.7275.0278.3281.7285.0288.3291.6295.0
Larghezza D (standard)252.3254.5256.8259.0261.3263.5265.8268.0270.3
Larghezza E (larga)261.3263.5265.8268.0270.3272.5274.8277.0279.3
Larghezza EE (molto larga)265.8268.0270.3272.5274.8277.0279.3281.5283.8
Taglia47.047.548.048.549.049.550.0
Lunghezza (mm)298.3301.6305.0308.3311.6315.0318.3
Larghezza D (standard)272.5274.8277.0279.3281.5283.8286.0
Larghezza E (larga)281.5283.8286.0288.3290.5292.8295.0
Larghezza EE (molto larga)286.0288.3290.5292.8295.0297.3299.5

CONCLUSIONE

Questa collaborazione propone tre modelli essenziali del guardaroba business, eseguiti con cura e dotati di un carattere ben particolare grazie a questo tacco cubano ispirato agli anni 1950-1970. Queste calzature non sono semplici accessori: portano in sé decenni di storia, dai campus della Ivy League agli uffici di Wall Street, dalle passerelle milanesi agli schermi cinematografici.

Insomma, questi modelli si rivolgono a coloro che cercano calzature solide e comode, ma che apprezzano anche quel supplemento di originalità discreta che fa tutta la differenza. Un cenno alla storia della moda maschile, pur rimanendo risolutamente contemporanei. La consegna è prevista per fine gennaio 2026 nell’ambito di un ordine collettivo.

Valery

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